Tutte le novelle, Gottfried Keller

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Svizzero, figlio di un artigiano di idee progressiste, rimasto orfano e privo di mezzi, nel 1840 Gottfried Keller (Zurigo 1819 - 1890) andò a Monaco a studiare pittura. Entrato in contatto con i movimenti liberali, partecipò a una sommossa e compose canti patriottici. A Heidelberg ascoltò le lezioni del filosofo L. Feuerbach, quindi passò a Berlino e, dopo una serie di falliti tentativi drammatici, iniziò a scrivere la prima e maggiore delle sue opere, il romanzo Enrico il Verde (Der grüne Heinrich, 1854-55 e 1879-80). Rientrato a Zurigo, fu per quindici anni coscienzioso impiegato statale. Durante la maturità frequentò C. F. Meyer, J. Burckhardt, F. Nietzsche e R. Wagner e fu in corrispondenza con H.T. Storm e P. Heyse. Ebbe diversi amori difficili e visse fino alla morte con la sorella nubile.

Opera e temi
Keller è il maggior rappresentante del realismo poetico e uno dei più significativi narratori in lingua tedesca. È erede di Goethe e del Biedermeier oltre che della tradizione pedagogica svizzera, che in lui bene si armonizza con l'ispirazione che proviene dalle piccole cose quotidiane della vita provinciale e rurale del suo paese. Dalla lacerazione passionale e dall'aspra polemica con il mondo, egli passò, come il protagonista di Enrico il verde , suo fedele autoritratto, a una rassegnata, antiromantica saggezza capace di liberare le energie a favore della comunità. Questo romanzo, che segue fedelmente lo schema del Bildungsroman, racconta le vicende di Enrico, un giovane pittore fallito. L'opera ebbe due redazioni: nella prima la voce narrante espone in terza persona l'incapacità di Enrico a realizzare le proprie speranze e, in un finale tragico, il suo suicidio; nella seconda, invece, vi è un Enrico narratore che racconta in prima persona ( Ich-Form) le proprie vicende, ma tenendo sfalsati e aperti i rispettivi piani di coscienza dei due Enrico: l'Enrico narrato permane un dilettante che s'illude capace di realizzare qualsiasi cosa senza però riuscirvi, mentre l'Enrico che narra possiede consapevolezza e nella memoria nell'errare sui “verdi sentieri del ricordo” ritrova la serenità e l'unità della sua personalità. La comunità modesta e pacifica della Svizzera fu teneramente amata e impietosamente fustigata da Keller, fine umorista, nelle novelle Gente di Seldwyla (Die Leute von Seldwyla, 1856 e 1874), di cui fanno parte: il capolavoro Romeo e Giulietta nel villaggio (Romeo und Julia auf dem Dorfe), storia d'amore e di morte per suicidio di due rampolli di famiglie contadine rivali; I tre pettinai giusti (Die drei gerechten Kammacher); Spiegel, il gattino (Spiegel, das Kätzchen), altro stralcio in chiave umoristica della sua autobiografia; la serena L'artefice della propria fortuna (Der Schmied seines Glückes). La religiosità terrestre dell'ateo Keller trova espressione nel ciclo Le sette leggende (Die sieben Legenden, 1872), in cui 7 agiografie sono convertite in soavi e ironiche storie d'amore. Le Novelle zurighesi (Zürcher Novellen, 1876-77) sono invece cinque esempi tratti dalla storia della città, proposti entro una cornice narrativa a un giovane che desidera eccellere; tra di esse spicca Il piccolo vessillo dei sette giusti (Das Fähnlein der sieben Aufrechten), specchio del pessimismo politico dello scrittore maturo. Ciclo di novelle composto in romanzo è pure L'epigramma (Das Sinngedicht, 1881): un giovane scienziato, a lungo dimentico della vita, vuole riaprire gli occhi su di essa e in particolare sulle donne, con una delle quali, sostenitrice della parità dei sessi, nascerà una specie di tenzone narrativa a lieto fine. L'ultimo romanzo, Martin Salander (1886), incompiuto, documenta la confusa opposizione di Keller ai trionfi dell'era industriale e insieme il graduale declino delle sue capacità.

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